Marc Chiat Marc Chiat è nato a Los Angeles, California, nel 1957. Ha frequentato l'Istituto Artistico di San Fancisco dove si è laureato nel 1981. I suoi soggetti, spesso animali, sono lo spettacolo di un mondo abitualmente non rappresentato. L'uso eccessivo del colore ed i forti tocchi di pennello, in alcuni dei suoi quadri, gli permettono di ricercare, senza compromessi, l'impuro e imbarazzante oggetto che avremmo altrimenti nascosto. Con il suo stile fumettistico riesce ad usare humour e simbolismo mentre descrive l'inesprimibile. La cultura di Los Angeles ed il mondo della pubblicità e della comunicazione, hanno influenzato il crudo contenuto visivo delle sue immagini dove la semplicità e ingenuità dei suoi soggetti viene manipolata e mescolata alle icone e agli stereotipi culturali. Marc vive e lavora a Los Angeles. I suoi lavori più recenti sono attualmente esposti a New York.
Quando il 1960 arrivo’, mi sentivo frammentato, schizofrenico. La guerra, quello che stava succedendo in America, la brutalita’ del mondo. Che uomo sono. Seduto a casa a leggere riviste, infuriandomi su tutto e poi, rifugiandomi nel mio studio a dipingere tele aggiustando il rosso col blu. Pensavo che ci doveva essere qualcosa che potevo fare. Sapevo che davanti a me si presentava una strada. Una strada difficile e incompleta. Volevo sentirmi integro come da bambino volevo sentire unione tra quello che pensavo e quello che sentivo. Queste sono le parole di Philip Guston scritte piu’ di 40 anni fa. Potrebbero pero’ essere anche le parole di Marc Chiat circa l’11 Settembre del 2001. Come Guston, i lavori piu’ recenti di Marc esprimono un sentimento di dilemma morale di un artista che deve confrontarsi con la crudele intenzione del suo paese di controllare i sistemi mondiali con l’intervento militare. Marc Chiat vuole comunicare con i suoi quadri in modo vivido e diretto. Nello stesso tempo si intuisce un piacere perverso nell’osservare questi quadri. Ci immaginiamo l’artista che si diverte a raffigurare carri armati come un bambino che viene colto nei suoi giochi di guerra immaginari. La gioia che deve aver provato a dipingere agni pennellata, miracolosamente raffigurando una roccia, diventando esplosioni di bombe. Marc e’ consapevole di queste contraddizioni. Questo piacevole senso di colpa e’ infatti il suo modo di affrontare e superare difficili momenti come lo sfratto dal suo studio di Culver City, dove dipinge da 14 anni, e dal suo quartiere di piccoli artigiani che viene dichiarato "immenent domain" dal comune. Le macerie dei suoi quadri non sono solo le macerie di Iraq e Afghanistan ma le macerie di Exposition Blvd. a Culver City. Come gli Stati Uniti porteranno Shell e Chevron in Iraq e Afghanistan, cosi’ Culver City portera’ Starbucks nel quartiere di Exposition Blvd. Marc ora vive in Italia ma non se n’e’ andato senza lottare contro la decisione di Culver City. E’ andato alle riunioni municipali per farsi ascoltare e per esprimere il suo disaccordo, come le esplosioni dei carri armati nei suoi disegni che fanno da eco alla sua rabbia verso questi politici municipali. Non intendo teatralizzare l’arte di Marc, ma la sua e’ un’arte di desiderio, un desiderio di comunicare, dialogare, empatizzare e un desiderio di intimita’.
Scritto da Manuel Ocampo in occasione della mostra di Marc Chiat a Track 16 gallery – Los Angeles 2007
Track 16 Gallery
Manuel Ocampo writes a statement on Marc’s 2006 show at Track 16 Gallery: "When the 1960's came along I was feeling split, schizophrenic. The war, what was happening in America, the brutality of the world. What kind of a man am I. Sitting at home, reading magazines, going to a frustrated fury about everything - and then going into my studio to adjust a red to blue. I thought there must be some way I could do something about it. I knew ahead of me a road was laying. A very crude and inchoate road. I wanted to be complete again, as I was when I was a kid...I wanted to be whole between what I thought and what I felt." These were the words of Philip Guston more than 40 years ago. But it could have been said by Marc Chiat circa Sept.11, 2001. In the manner of Guston, Chiat's recent paintings and works on papers are about the feeling and moral dilemma of an artist coming to terms with his country’s brutal intentions to rule the world via military intervention . Chiat wanted to create pictures that would speak vividly as possible to as many people as possible. And yet, one senses a perverse pleasure in looking at these works. We imagine the artist having fun drawing the tanks like that of a child caught up in his own fantasy war games. And also the enjoyment the artist gets in painting every brushstroke to miraculously resemble a stone that would become a mountain of rubble. Chiat is in fact aware of these contradictions. This guilty pleasure is in fact a way for him to move on as his neighborhood of small local businesses where his studio of 14 years is located has been declared "eminent domain" by the city. His rubble is not only the rubble of Iraq or Afghanistan but the rubble of Exposition Rd, Culver City. As America will make way for Shell and Chevron in Iraq and Afghanistan, so too will Culver City make way for Starbucks. Marc is now living in Italy, he did not go quietly without a fight though. He went to city hall and rallied for his voice to be heard like the guns of the tanks in his drawings echoes his anger aimed at these local politicians . I do not mean to theatricalize Marc's art, but his is an art of desire, a desire to communicate, a desire for dialogue, a desire for empathy, and a desire for intimacy.
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