MOSTRA
COLLETTIVA
26
ARTISTI INTERPRETANO IL PRESEPE
Giovanna
Pesenti, Lucio
Perna, Aurelio Gravina, Daniela Arnoldi e Marco Sarzi-Sartori, Luciano
Mereghetti, Giovanni Gurioli, Francesca Magro, Gianfranco Testagrossa,
Giuseppe
Giacobino, Mario de Leo, Gabriele Poli, Bruno Calì, Donatella Violi,
Bianca
Visentini, Enzo Silvi, Paolo Basevi, Giordano Morganti, Lamu, Andrea
Che Issa, Roberto
Cosimi, Paolo Valle, Sabrina Miconi, Kazuto Takegami, Max Marra, Cesare
Giardini.
Natività
2010
a cura
di Melina Scalise
Dal
1 dicembre al 18 gennaio
Spazio
Tadini, via Jommelli, 24 –
Milano –
INAUGURAZIONE
1 DICEMBRE, ORE 18.30
Aperto
dal martedì al sabato dalle
ore 15.30 alle 19.
A dicembre aperto anche domenica
5,12,19.
Qual
è il senso della nascita? Cosa significa venire alla luce come
individui, come
componenti di questa società? Cosa significa nascere oggi? Cosa ci
evoca oggi l’immagine
di un neonato o di una nascita? Spazio Tadini in occasione del Natale
2010 ha
chiesto a un gruppo di artisti contemporanei di rileggere la scena
della
Natività oggi, sotto una luce che non è più quella della “stella
cometa”.
Questa può essere quella di una lampadina a basso consumo energetico,
quella di
una sala parto supertecnologica dove si rischia di perdere il rapporto
con
l’essere umano che sia la madre o il nascituro. Anche Maria e Giuseppe
non sono
più gli stessi, perché possono essere padre e madre non biologici e non
per
merito dello Spirito Santo o i genitori possono appartenere allo stesso
sesso. Inoltre,
se qualcuno si sente “mai nato” può decidere di rinascere su Internet in
Second Life o altrove nella virtualità.
Arriva il Natale e il
pensiero di ognuno di noi è impegnato a risolvere la scelta dei regali,
a
organizzare le cene di lavoro, a ordinare gli omaggi per i clienti, a
organizzare pranzi e cene suggerite da ricette complicate e con
ingredienti doc
che ambiscono a vedere seduti attorno alla stessa tavola spesso parenti
annoiati e desiderosi di fuga. Una celebrazione che spesso culmina
nell’impegno
a cimentarsi in una teatralità rappresentata dalla frase: “E’ Natale
vogliamoci
tutti bene”, mentre in televisione ritorna in onda l’immancabile:
“Natale in
casa Cupiello” di Eduardo de Filippo.
Spazio Tadini vuole
proporre
una pausa, un percorso alternativo, una mostra sulla Natività oggi con
linguaggi nuovi, con riflessioni nuove.
Qual è il senso della
nascita? Cosa significa venire alla luce come individui, come
componenti di questa
società? Cosa significa nascere oggi? Cosa ci evoca l’immagine di un
neonato
oggi?
A Natale si festeggia la
nascita di un uomo di nome Gesù che con il suo pensiero e i suoi valori
ha
segnato il corso della storia e l’evoluzione della società occidentale.
Un
singolo che, da solo, ha fatto una rivoluzione grazie alla sua
determinazione,
alle sue idee, al suo credo, al suo Dio. La nascita, a prescindere
dall’appartenenza religiosa, è un momento che racchiude in sé tutte le
potenzialità dell’essere umano. E’ il trionfo dell’essere, un momento
primitivo.
Un corpo produce un altro corpo e questo è possibile perché è esistito
un
pensiero, un desiderio che si è tradotto in azione e relazione tra due
sessi
opposti, tra due individui diversi.
Nella scena della
Natività
così come descritta da Luca, il terzo Evangelista, c’è il trionfo della
semplicità, la dominanza dell’essere sull’avere: una mangiatoia, un
bue, un
asinello, Maria e Giuseppe. Nell’era in cui non esistevano giornali,
televisione o internet la società apprendeva del nuovo nato, Gesù,
grazie alla
comunicazione di una stella e tutti accorrevano a rendere omaggio. La
collettività era costituita da individui la cui identità sociale era
rappresentata dal loro essere lavoratori: contadini, artigiani,
rappresentati
politici ed istituzionali.
Alla descrizione di Luca
si
sono ispirati tutti gli artisti che nei secoli hanno ritratto, con più
o meno
varianti, la scena della Natività. L’interpretazione della nascita
attraverso
l’arte ha posto, in modo evidente, l’accento su aspetti diversi in
relazione al
vissuto dell’epoca di riferimento. Sono state apportate modifiche nella
relazione tra i personaggi, aggiunte o cambiate le presenze, variata la
luce,
modificate le simbologie, alterato il contesto e il paesaggio e sempre,
grazie
agli artisti, è stata proposta una chiave di lettura diversa della
stessa scena
e l’osservatore è stato invitato a guardare in modo nuovo.
Spazio Tadini in
occasione
del Natale 2010 ha chiesto a un gruppo di artisti contemporanei di
rileggere la
scena della Natività oggi, sotto una luce che non è più quella della
“stella
cometa”. Questa può essere quella di una lampadina a basso consumo
energetico,
quella di una sala parto supertecnologica dove si rischia di perdere il
rapporto con l’essere umano che sia la madre o il nascituro. Anche
Maria e
Giuseppe non sono più gli stessi, perché possono essere padre e madre
non
biologici e non per merito dello Spirito Santo o addirittura
appartenere allo
stesso sesso. L’essere umano viene accolto alla vita in famiglie spesso
divise,
con fratelli di altri padri e altre madri. Si arriva al mondo con già
un debito
da pagare verso la società a causa dell’inflazione e un codice fiscale
che
serve da passepartout. Non c’è bisogno del censimento di Erode per
uccidere il
bambino perché teme possa prendere il suo posto. E non ci sono più
uomini come
lui pronti ad uccidere perché temono il bambino che si farà uomo, ma
uomini
interessati solo ai corpi, pronti a fare compravendita di bambini per
soddisfare bisogni di genitori mancati o di mercati illegali.
Il confort elementare e
agreste di una mangiatoia oggi può essere ritrovato forse in un parto
nell’acqua. Il bue e l’asinello, quali animali al servizio dell’uomo,
che per
secoli hanno permesso lo spostamento, il trasporto delle merci, il
lavoro nei
campi, il sostentamento delle famiglie, oggi sono lontani dal nostro
mondo del
lavoro e dell’economia dove aerei e tecnologia offrono nuovi strumenti
di
comunicazione, dove il terziario e non
l’artigianato domina il mercato.
L’individuo non ha più
un’identità sociale riconosciuta per ciò che sa fare, ma per ciò che la
società
gli permette di fare per vivere. Dove la povertà è cambiata e non è
solo “non
possedere”, ma anche “non essere”. Una società in cui cerchiamo di
esistere a
tutti i costi e se ci sentiamo mai nati decidiamo di rinascere su
Internet in
Second Life, su Facebook o altrove nella virtualità.
Gli omaggi che accolgono
i
nuovi nati perdono sempre più le simbologie auguranti per essere
rappresentazione e ostentazione di ricchezza attraverso marche di
prodotti per
l’infanzia. Persino i Re Magi che, con i loro doni rappresentavano
un’accoglienza “ internazionale” al nuovo nato Gesù oggi, nell’era
della
globalizzazione, sembra sempre più difficile accogliere neonati di
nazionalità
diverse a casa propria. Paradossalmente questo accade nell’era in cui
sono
aumentate a livello esponenziale le possibilità di comunicazione e le
multinazionali tendono a uniformare consumi e gusti.
L’immagine di un neonato
oggi, più che un simbolo di vita e creazione, è oggetto di un target
pubblicitario. Ma allora il presepe, termine derivante dal latino praesaepe,
cioè mangiatoia, è ancora una celebrazione sociale della nascita,
dell’essere
umano, della vita che continua, dello spirito che si è fatto carne? Una
celebrazione delle potenzialità dell’essere e, come tale, fonte di
ispirazione
e riflessione e “mangiatoia”, del rispetto verso l’uomo? Oppure oggi è
una
scenetta da ricostruire all’ingresso del centro commerciale dove la
mangiatoia
siamo noi?
Melina Scalise
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