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Giovanna Fra
di Claudio Rizzi
Nell'alba di un giorno in Liguria, dipingeva all'aperto bozzetti ad acquerello su carta. Li lasciò riposare sulla terrazza al sole e si allontanò. Sospinto o catturato dal vento, un foglio volò e solo più tardi venne ritrovato nel giardino antistante. Nacque così l'espressione "Le ali del colore", titolo di una mostra successiva. Un'immagine, un ritratto. Nella sintesi concentra due caratteri fondamentali in Giovanna Fra: la levità e il colore. Il suo quadro è come il suo incedere, leggero in uno spazio profondo. Il colore è perentorio eppure soffice come una garbata affermazione. Stesure apparentemente rapide, vissute nel volgere di un istante ma dettate da rigorosa consapevolezza. Un invito ad approfondire il concetto di gesto, spontaneo certamente ma sempre collegato a lucida razionalità. Niente di inconsapevole, tantomeno automatico, tutto fortemente correlato alla personalità, alla misura del carattere e del gusto. Il bianco intorno, alle pareti dello studio, all'orizzonte del colore, non invade ma accoglie. Come le sue parole, rarefatte nel dialogo ma vive nel sorriso. Delicate, sospese, è raro un racconto ma dettano un contenuto. Traducono la sua pittura, che alimenta evocazione e suggestione, che tocca l'osservatore e lo invita a inattesi percorsi interpretativi. Il bianco si estende come proiezione di ventura, spazio di conoscenza e prospettiva di viaggio. Determina profondità e chiama in primo piano emozioni nitide. All'apparenza, è tutto semplice, come se tutto fosse già fatto senza doverlo fare. Giovanna Fra invece confessa la fatica e le si crede perché la sincerità è nell'anima. Una fatica intima e interiore, patita richiamando equilibrio e misura, tono e rapporto, coro e solisti. Lei si stupisce ogni qualvolta si affermi che il suo dipinto induce una sensazione d'oriente, di sol levante. Accetta per cortesia ma non condivide. Eppure tale grazia appare congenita al kimono piuttosto che al jeans. Anche le movenze pacate, passi sulle punte tra le stanze candide, scolpiscono un'idea d'altro tempo o d'altro luogo. Oltre le finestre si estendono giardini e case della città vecchia. Le strade lastricate chiuse al traffico rimandano lievi rumori di passanti e biciclette, pronti alla nebbia e al sopore della calura. Giovanna dipinge nella luce del giorno, 65 grandi finestre e grande bianco. Anche per infondere chiarezza nella solitudine, che piace e necessita per ascoltare i suoni del silenzio. Dove campeggia l'interiorità di dialogo profondo, senza definizioni, non importa etichettarlo in melanconico o solitario, caldo o tiepido, semplicemente vero, come è nel carattere e nel filo logico che procede dai primi passi al futuro. La sua riservatezza è naturale come la sua figura, eppure tra i due elementi prevale l'indole ed esclude ogni ipotesi di evidenza protagonista. L'applauso non ha debellato la timidezza ma la timidezza non ha dissuaso il piacere del colloquio, la disponibilità al confronto e la capacità di ascolto. Dalla civiltà di ascolto alla cordialità di dialogo il passo è breve e i toni di Giovanna Fra si riconoscono spontanei tanto da favorire sintonia e benché la sua pittura sia ripida e verticale, risulta accogliente come l'approdo a una visione attesa. Nella musicalità del suo mondo risuona una poesia sommessa quanto acuta e nell'incontro della parola il primo cenno si accende nel sorriso dello sguardo. Nel panorama del bianco lampeggia il colore della vita.
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