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Giovanni Cerri
di Claudio Rizzi
La propensione alla collegialità si deduce anche dallo studio: grande, aperto e condiviso
da quattro pittori. Un’idea di dialogo, un sottinteso di confronto e di reciprocità.
Ne deriva una prima impressione di lavoro sedimentato, di intensità negli anni, di
patrimonio di esperienza. E la sensazione si conferma quando si focalizza la porzione
di Giovanni Cerri, il suo campo di azione.
Tele raccolte negli scaffali, grandi quadri accatastati, in partenza per mostre già in
calendario, carte, materiali, aromi di pittura e fascino di libri.
Lo spazio occupato dal cavalletto equivale all’ingombro della scrivania.
Libri e pennelli convivono in stretta vicinanza e scandiscono la giornata.
Cerri condivide la passione per la pittura con l’attività critica letteraria e l’organizzazione
di iniziative culturali. È una costante nel tempo e nel profilo di personalità.
Attitudine e professionalità che dimostrano una tensione continua ai colleghi, alla
pluralità e al dinamismo della scena artistica, alla ricerca di spazi espositivi dedicati
agli altri e non solo a se stesso.
Impegno e sforzo encomiabili perché il mondo non è facile e meno ancora quello
dell’arte.
Giovanissimo esordiente e figlio d’arte, all’inizio avrà creduto che i due elementi
fossero vantaggi ma spesso le buone attese si rivelano inganni e per Giovanni
anziché aprirsi una strada di facile percorso si sarà rivelata qualche salita. Perché
quando si è giovani si è troppo giovani e bisogna attendere. E se figli d’arte occorre
dimostrare doti proprie e non vivere di rendita. Insomma, viene richiesto, e non
concesso, qualcosa in più.
Se ne sarà accorto Giovanni, si sarà anche annoiato di sentirsi definire “il giovane”
e non si è mai illuso di alcuna agevolazione, anzi ha lavorato sodo per temprare
tecnica e personalità.
Era necessario acquisire autonomia espressiva e indipendenza intellettuale. Lungi
dall’assomigliare a qualcuno, urgeva manifestare continuità di concretezza.
L’attività organizzativa ha distolto tempo ed energia ma ha compensato nella dialettica
di confronto e di approfondimento.
Alla soglia dei quaranta Giovanni Cerri è un
giovane maturo. È immutata la serietà di quando era ragazzo
ma certamente sarà diversa la misura delle
cose.
Le fasi della ricerca espressiva, che spesso
l’avevano indotto a rapidi mutamenti di rotta,
hanno evoluto un linguaggio di coerenza,
una tematica dotata di proprietà linguistica e
una architettura solida.
Dipinge di giorno, semmai indirizza la scrittura
alle ore serali. Non appartiene al popolo
della notte e anche in questo interpreta con
grande sobrietà la pittura vera, nell’autenticità dei valori e nella negazione degli atteggiamenti.
Percorre la città visitando mostre e gallerie,
assiduo e presente con grande riservatezza.
Regola le ore della giornata tra gli interessi
prioritari e il collaterale, talvolta intense sedute
di lavoro, talora spazi di comunicazione
e dialogo. Persistenza di idealismo in una società
sempre più sorda alla parola e sempre
più votata alla ricerca dell’oro.
Ne è consapevole Giovanni Cerri, che cerca
e trova oasi di serenità ove radicare un colloquio
e svelare nuovi orizzonti.
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