SABRINA MICONI
“Immagine, pittura, satira”
Vi è una componente sociale,vorrei chiamarla così,ed un'altra istintuale nella produzione vigorosa e tagliente di Sabrina Miconi. Sociale perché l' autrice osservando il mondo e la vita, ammicca ad essi, ma anche disprezza l'eccessivo condizionante sociale, soprattutto quando nasca dalle convenzioni e dalle abitudini inveterate della società borghese"d'evirati cantori allettatrice",scrive Ugo Foscolo in una celebre pagina dei Sepolcri". Una società di abitudini e ipocrisie che spesso non le piace,una società che vuole deridere e denunciare, non per rabbia apologetica, ma per portare anche lei,se pur lo potesse,un contributo a quel vivere che potrebbe essere migliore se la fretta,le abitudini,la ripetività,non rendessero spesso vano il modello. Istintuale perché Sabrina Miconi vive l'arte come istinto,come ruolo,modo di essere,continuità di rapporto io-tela,io-colore, iosegno. Un'istintualità che si traduce in una vasta operatività, quasi senza sosta, ma io credo mai rabbiosa, mai "usignolo ebbro furente"di dannunziana memoria,sempre misurata e tollerante, sempre attivamente caparbia senza eccessi,senza zeli né preoccupazioni accademiche. Un istinto forte questo sì, una grande volontà di uscire, di fare,di disegnare e di dare colore alle cose, ai sogni, ai sentimenti, al grigiore irrazionale che è qualche volta nella vita l'assenza di colore e, altre volte quella lancinante e dolorosa ripetitività, quella mancanza di fantasia e di sentimento, di slanci e di volontà che vede nel mondo. Un mondo che sostanzialmente-dunque- non le piace, che accetta e tollera, ma non gradisce. E allora uscire..Uscire nei campi dell'infinito, popolati di sogni, di attese, di una storia che trascorsa non ci appartiene più. Qui in questo senso di appartenenza,"I belong to fantasy", direbbero gli inglesi, io appartengo alla fantasia Qui, dicevo, si innesta un'altra vena importante della produzione della Miconi: la vena potente e prepotente del gioco. Potente perché il gioco evoca una potenza fantastica senza pari e Sabrina Miconi gioca potentemente di fantasia con i suoi quadri, i suoi colori i suoi segni, lacerazioni, schizzi: "Senza i quadri io non esisterei", scrive l'autrice di sé. Ma io aggiungerei che senza questo pensiero non esisterebbero i suoi quadri. Prepotente perché il quadro della Miconi è invasivo, a volte turbolento, si impone, afferma, guida, urla, lacera l'aria perché vuole esistere. La vena potente e prepotente del gioco, quel senso della giocosità della vita, quel bisogno di relax, delle finitezze e delle infinitezze, è azzardo e scommessa dell' essere e del divenire, è tempo che si trasforma e che si ferma, il gioco è ozio ed impegno, insomma esso è tutto e niente, nella rincorsa della vanità. Vorrei comunque sottolineare la componente" illustrazione" perché ritengo l'autrice un interessante illustratrice, forse di quei libri per l' infanzia che hanno popolato la sua fantasia di bambina, tanti anni fa. E poi le lettere, i profili di volti, Sabrina Miconi illustratrice sospira gialli e blu improvvisi, poi si rigetta in un gioco calligrafico che sembra l'atto dello scrivere, che afferma la lunga lettera talvolta inquieta, di una mente carica. Insomma credo che anche senza volerlo esplicitamente, a livello implicito e non so fino a che punto inconscio, la pittura di Sabrina Miconi evidenzia una carica di messaggi da comunicare, uno strapiombo leggero sul quale caracollare, per una fuga ideale da ciò che delude, con quel fondamentale ottimismo che è costituito dalla consapevolezza del poter evadere tra le nuvolette, dove potrebbe non esserci spazio per altri se non per l' autrice. In questa pittura c'è anche un remoto mondo di cose lontane e abbandonate, un'intuizione fantastica si traduce in un acuto pittorico: un rosso improvviso al centro del quadro, mentre i toni si smorzano intorno, un indicatore cromatico vivissimo, lancinante grido nel buio.
Vito Sutto