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PUNTOPAO
IL SIMBOLO VUOTO
dal 10 al 30 giugno 2009
a cura di Antonio D'Amico
Inaugurazione 10 giugno ore 18,30, con interventi di:
Bruno Milone, filosofo
Emma Vitti, fotografa e arteterapeuta
Antonio D'Amico, critico d'arte
A seguire, aperitivo con l'artista
Concerto per flauto ore 21 con Nicoletta Petrus, voce
Il simbolo vuoto è una selezione di opere del pittore veronese Paolo Fossati, conosciuto con il nome Puntopao, esposte allo Spazio Tadini di Milano dal 10 al 30 giugno. Svolge la sua ricerca seguendo un percorso personale che lo porta ad indagare l’interiorità e le emozioni più profonde con il solo desiderio di conoscerle. Il risultato è una concrezione materica in cui il cromatismo si manifesta con colori accesi ed intensi. Le opere, di grandi dimensioni, hanno così un forte impatto visivo ed emotivo.
Al pubblico si propone un itinerario volto a prendere coscienza del suo flusso creativo e delle modalità per esternare quel simbolo vuoto che dorme nell’io più profondo. L’arte è quindi, per Puntopao, la testimonianza diretta di un “esserci”, di un vissuto indagato e sviluppato interamente nella tela e nella materia. Con l’esigenza di scoprirsi? O con l’intento che gli altri ti scoprano?
Durante l'inaugurazione della mostra l'artista incontrerà il pubblico insieme ad Antonio D'Amico, storico dell'arte, il filosofo Bruno Milone e l'arteterapeuta Emma Vitti, per raccontare "Attraverso i sensi" la gioia viscerale del dipingere. Un viaggio sintetico su come nasce l'ispirazione artistica e come può divenire liberatoria di sentimenti rimasti intrappolati nell'animo per diverso tempo. Il tutto condensato dalla visione filosofica dell'ispirazione artistica e poi applicata con l'esperienzasensoriale dell'arte terapia. Un vernissage-esperienza al quale vale la pena di partecipare per conoscere e conoscersi meglio!
Spazio Tadini
Via Jommelli 24
20131 Milano
martedì/sabato dalle 15.30 alle 19.30.
Fino alle 23 in concomitanza con altri eventi culturali
Il simbolo vuoto...
in attesa di identificazione
Antonio D’Amico
Paolo Fossati, dopo anni di silenzioso e costante lavoro artistico, esce dall’oscurità del suo antro speculativo per mostrarci la sua dimensione pittorica, strettamente connessa ai sentimenti e pregna di una libertà espressiva ancorata all’io adulto che vive in uno stadio di perenne ricerca ed è pronto a sorprendersi dinanzi ai molteplici simboli vuoti, ancora tutti da colmare di significato.
Qui e ora, ulteriore significante meta-personale, Fossati riscopre un’identità figurativa in simbiosi col suo modo di “esserci” e sente la necessità di interagire con l’esterno per autenticare la voce intima del suo corpo che si estrinseca attraverso un docile suono dell’anima che solo nel silenzio della notte gli consente di delineare Puntopao; quell’anfora vitale e trasparente del sé medesimo, plasmata da elementi onirici che divengono e sono da sempre spunti di riflessione, a volte inconsci e altre consapevolmente legati al vissuto quotidiano.
La stesura cromatica prorompe in tinte accese e materiche, attraverso un logos visivo sensibile e allo stesso tempo impulsivo che è comunque sinonimo di un animo meditabondo e desideroso di spaziare oltre il reale senso dell’esistere, vagare nei sogni dell’irrealtà, sondare l’incredibilmente grande e l’irresistibilmente piccolo che si nasconde nei gesti e negli sguardi e che Puntopao trasferisce nell’immediato, desiderato ed eterno bacio di labbra, di sensi e di linfe vitali, dove l’io è diverso dal tu, ma entrambi bastanti l’uno all’altro in un groviglio di vaghe certezze e irrefrenabili spinte sensoriali. Nel suo sguardo di fusione, di compenetrazione, coesistono forme giganti che si concentrano dall’estrema periferia pittorica al dettagliato nucleo nevralgico della composizione, laddove possibilmente vige la regola tecnica dell’assemblaggio. Le sue forme vuote, infatti, sono pensate e realizzate spezzettate, mancanti dell’insieme esplicativo, dunque sono esseri incompleti alla ricerca della loro metà e di un’altra áncora per realizzare il loro senso di corrispondenza tangibile con la realtà. Solo se ogni singolo elemento si riunifica all’altro, si avvia un processo recondito e impercettibile di identificazione e quell’attesa svuotata da pedissequi ingombri mentali è divenuta ora, agli occhi dell’artista e dello spettatore, una figura che si nutre dell’esistenza di ciascuno.
Da fondali neutri e grumosi emergono esseri umani, animali o vegetali, dal grande fiore, ai diversi incontri o scontri di labbra, ai pesci, ai totem le cui fattezze rimandano a donne consapevoli del loro ruolo e della loro identità, forse ingombrante o perentoria, ma pur sempre fisica e protettiva. Del resto qualsiasi siano le iconografie, per Puntopao sono porzioni di sentimenti decantati con lo strumento del pennello e che mai potrebbero rimanere inespressi né tanto meno acquisire una dimensione raziocinante su un supporto unico. Infatti, per Puntopao ogni cosa sussiste se è unificante e facente parte di un insieme, di un corollario, di un più grande disegno armonico: l’individuo da solo non può bastare a se stesso!
E se l’uomo appaga il suo desiderio di realizzazione e compensazione solamente accanto a un tu, c’è un ulteriore elemento che entra in gioco prima ancora che Paolo giunga alla realizzazione pittorica. Infatti, le modalità esplorative del racconto visivo si ergono a sentinella vigile sull’inconscio, tanto che nell’arte di Puntopao non si può cadere nell’errore di riconoscere nelle sue figure misteriose, affascinanti e intriganti, il momento della creazione speculativa, ossia l’istante inespugnabile del “parto”, prima ancora che figurativo, mentale e dunque vissuto e per questo raccolto, desunto ed esteriorizzato con un’identità precisa. Accade, di fatto, che le sue forme, provenienti alla radice da sentimenti reconditi che prendono sostanza visiva, si sfigurano attraverso l’effetto di una realtà pittorica immaginifica, divenendo ora costanti etniche con punte stilistiche di maniera, ora prove analitiche d’innocenza, la cui unica essenza è affidata al colore e alla descrizione dell’onirico con apparente percettività. Le sue forme giganti s’impongono e non possono passare inosservate, in quanto contengono l’impellente esigenza di scoprirsi, svelarsi, o forse si ergono maestose dinanzi al nostro sguardo perché attendono di essere scoperte?
L’arte riflette la vita e, come accade nella quotidianità, si accumulano simboli e gesti che rimandano visivamente a sentimenti e desideri intimi e reconditi, senza l’obbligante e precisa lettura di una trasposizione esplicita! Qui ciascuno è chiamato a servirsi di tali simboli vuoti per varcare la soglia del visibile e cavalcare l’onda di un’esclusiva riconoscibilità.
L’identità è pulsione esperienziale così come per Puntopao è l’esplorazione di quell’io alla conquista di nuovi spazi e forme emotive da indagare, perché taciute in un labirinto magico di indissolubile dissolvenza. Paolo torna ancora nel suo antro speculativo, tutte le sere, per ritrovare se stesso e a noi chiede di non perdere di vista il dettaglio dell’esistere!
PAOLO FOSSATI
Biografia
Paolo Fossati nasce a Messina nel 1964, frequenta il Liceo Artistico Statale di Verona e si laurea all'Istituto Universitario di Architettura di Venezia (IUAV). Abita a Verona, svolge la professione di architetto e docente universitario.
La sua formazione lo orienta, fin dagli anni scolastici, verso il disegno e lo studio dei classici. Nel contempo sviluppa una ricerca, del tutto personale, che estrinseca nell’ambito del gioiello d’arte e nell’esecuzione degli oggetti di design. I suoi gioielli vengono infatti pubblicati in alcune riviste di settore a livello europeo e gli viene dedicata la copertina della rivista AURUM.
La sua ricerca pittorica, che dura da quasi trent'anni, si svolge su due ambiti distinti: la composizione architettonica come poetica di progetto sulle associazioni e significazioni della forma; la composizione pittorica come poetica del simbolo vuoto e liberazione dallo stile che trova nei dipinti un atto privato.
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